TORINO | MATTEO THIELA L’ORIGINEL-À-PORTER

“Per creare qualcosa mi servo del vuoto”
“To create, I use the void”

MATTEO THIELA TALKS TO MODE DIPLOMATIQUE

Avevo toccato per la prima volta la moda del torinese Matteo Thiela nel showroom della Negri Firman a Milano. Sconvolto. Mi disturbò. Mi agredì. Mi esaltarano dinamismo, cerebralità e primitività; abbozzo per una fisionomia del Nouveau Piémont tecnologico e manifatturiero.

Aparté. Torino, tra la fine dell’800 e gli anni Trenta era la capitale della Moda italiana, seconda solo a Parigi. Nel 1935, la città diventa la sede dell’Ente Nazionale della Moda. Era Torino il baricentro, non la Milano di oggi.

Nel autuno 2013, allo Spazio Book si è tenuto Mo.To. Un incontro per unire le sinergie tra gli addetti ai lavori della moda torinese. “Noi non vogliamo rubare nulla a Milano – dichiarava Antonello Marzolla segretario regionale di Usarcianche perché generalmente sono loro a rubare le idee a noi. Vogliamo portare la moda per strada, puntando anche sulla produzione etica”. Dal 20 al 23 Marzo 2014, nel Circolo dei lettori di Torino, Voce del Verbo Moda portò le testimonianze di imprese artigiane del Italia e del Piemonte, capaci di far convivere il loro bagaglio di talenti ed esperienze all’interno di un’economia globale. Oggi Torino è alla ricerca di una Nuova Moda: colta, accessibile, libera. Sarà quella di Matteo Thiela, classe 1972, con la sua signature griffée alla Thierry Mugler?

La mia esperienza #MatteoThiela era un Think Thorough Before You Wear It a-ha! perché mi affinai lo spirito col far fiammeggiare. Avevo capito che prendeva le distanze dalla moda come fatto onirico, che ha già i suoi luoghi. Il torinese possiede abilità artigianale e fibra-duttilità. L’essenza è proprio nel originalità del edge sfuggente abbinato alla tecnologia dell’abbigliamento. Parafrasando Marinetti, nessuna moda che non abbia un carattere aggressivo (su tutti i fronti) può essere considerata un capolavoro. L’avevo capito, con violenza, quel giorno a Milano. Matteo Thiella non conduce mai all’insipidezza del definitivo: concettualismo che lotta è lotta del concettualismo.

Immaginate Valentine de Saint-Point a tavola con Stanley Kubrick e Martin Margiela al Caffè Platti.

INTERVISTA

Matteo Thiela mi sembra un filosofo nella moda. Non dà nulla per scontato, ripensa in modo innovativo tutta la premessa di base del abbigliamento: come è dimensionato e venduto, come interagisce con il corpo? Un "Così disegnò Zarathustra alla Nietzsche” ?

Matteo è un ragazzo complicato, per sopravvivere vive nel caos e per creare utilizza concetti semplici svuotando la memoria; rimuove il passato e l’ovvio. Per creare qualcosa mi servo del vuoto, cerco idee per un nuovo sistema industriale, sperimento nuovi metodi. Ripenso le cose date per scontate e faccio a meno delle certezze. Zarathustra, cerca la verità, scardina i dogmi che soffocavano il popolo, sostiene che Dio è morto e noi siamo super animali che posso scegliere liberamente il bene o il male.Vivendo cerco la verità dentro me stesso, per essere più vero in quello che faccio penso e comprendo. Osservare la natura, stare con gli animali, nuotare, sentire il vento guardare la luna e il sole:sono loro il vero Dio che è in noi.

Ci vuole consapevolezza e sensibilità per essere buoni interpreti della vita. In ambito professionale applico gli stessi input, pronto a rivoluzionare i metodi a cui ci si abitua. Perché quello che sono diventa quello che faccio e quello che faccio muta quello che sono. Un progetto di moda o arte deve oggi essere alternativo provocatorio con nuovi messaggi che vince la noia del sistema per offrire nuovi entusiasmi. L’opera creativa, che sia una sfilata o un quadro devono entrare in contatto con noi stimolando la bestia o il divino che è in noi. Il corpo o concetto del corpo è il nostro strumento mutevole:come i pensieri cambia la percezione di se.Il vestito deve liberare non nascondere o proteggere. “Tutto e il contrario di tutto ” diceva Carla Sozzani quando lavoravo per lei: questo è un paradigma che ancora mi illumina. In ogni caso guardo oltre con speranza come si fa guardando le stelle.

Kubrick è voluto andare veramente controcorrente, a lui del pubblico di massa gliene importava poco, al contrario si concentrava su quel pubblico veramente elitario capace solo di capirlo. Questo vale per i grandi registi come Bergman, Kurusawa o Cacoyannis. Solo che Kubrick si è impegnato nella fantascienza, unico genere che è nato proprio dalle masse e per le masse, quindi è un rivoluzionario in molti sensi, non a caso 2001 – Odissea nello spazio è un classico.Pezzi concettuali, donna sofisticata ma primitiva, tessuti innovativi; perché la moda di Matteo Thiela a nel suo d.n.a. del Kubrick?

La donna Matteo Thiela è una donna originaria, non cerca approvazione. Suggerisce come essere libere, audaci, anticonformiste e creative. Vorrei che le mie collezioni fossero sempre sperimentali per navigare in acque sconosciute e cogliere i misteri del mondo, per comunicare con nuove forme. I film di Kubrick fermano il tempo e hanno un senso estetico e divino. Negli ultimi anni anziché adattarmi al pubblico che compra, mi sono dedicato al piacere artistico di creare vestiti che scarnificassero i concetti di un abito tradizionale: ho tolto gli orli, le finiture, il tessuto stesso, le cuciture, le chiusure, le taglie. Ho interpretato i materiali piu’ diversi, ogni volta scoprendo un mondo. Come Kubrick mi sento attratto da tutto ciò che non conosco e cerco di interpretarlo. Vedere le sue opere mi da stimolo a essere più coraggioso. I miei prodotti potranno arrivare alle masse e diventare, magari, un classico quando sarò sostenuto da un’azienda che realizzerà le mie cose in serie. Per il momento nascono come unici.

Tutti I designers vogliono fare della controtendenza un affirmative me, myself and my fashion. Essere di tendenza è ambire la controtendenza?

La controtendenza di per se stessa è serva della tendenza. La tendenza è divertente quanto la vanità. La tendenza è un concetto vago. E’ come un odore, un richiamo animale. La interpreto come una luce che attrae alla quale tutti tendiamo.In ogni caso conta la qualità della fonte luminosa ,o sonora che sia, e la quantità di coscienza che vi investiamo.Ci sono tendenze buone o cattive, mi nutro di films e musica.
Certi gruppi musicali come The Knife, Moderat, Planningtorock inventano nuovi suoni e scrivono testi che parlano di un amore vero che accomuna tutti, senza limiti di genere, superando i pre-concetti dottrinali di sessualità e religiosi. Nei loro album ci sono idee politiche nel senso del termine. La moda intesa come forma artistica deve ambire a dire e fare di più, ad esserci come presenza culturale per uscire dalle convenzioni che limitano la nostra intelligenza. I designer osservano i comportamenti e le abitudini e offrono il loro talento per soddisfare le persone. Lo stilista crea uno stile: fin’ora si è limitato all’estetica ma oggi dovrebbe parlare di etica e essere una guida come lo è un musicista serio.

Come la moda Torinese compete con Milano o Pitti Immagine a Firenze, facendo cose nuove? Ci racconti I designers rappresentativi della capitale saubade? Che cosa manca alla moda torinese per ritrovare il suo prestige internazionale?

Torino potrebbe fornire assistenza tecnologica e industriale alla moda di domani , qui potrebbero nascere vere alternative. Sono nate delle sartorie, ci sono giovani designers, ma per lo più usano mezzi e metodi tradizionali che, secondo me, sono obsoleti. Bisogna inventare di più. I giovani ancora usano scarpe disegnate negli anni settanta, jeans inventati a inizio novecento, desiderano giubbotti di pelle e mangiano ancora la carne. Su Torino ho investito perchè è una bellissima città italiana con tanta storia e ben conservata. Non riuscirei a vivere in una città senza passato. Ho un grande progetto che qui vorrei realizzare. Una Biennale per talenti da tutto il mondo, un campo di vero confronto, libero da logiche commerciali. Un cubo temporale per menti visionarie che abbiano realmente a cuore arte e persone. A Torino abbiamo “Il Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea” e “Artissima” che portano stimoli da tutto il mondo. Si potrebbe immaginare anche per la moda.

Retexo del Autunno/inverno 2011-12, in latino, significa disfare, stramare, distruggere il tessuto. La collezione Primavera/Estate 2012 suggerisce un metodo alternativo alla costruzione sartoriale tradizionale. Perché la voglia di andare nel l’antitradizionalità nelle sue creazioni?

La moda è morta! Tutto è già stato fatto! Queste sono sentenze che mi sono state ripetute spesso. Voglio credere che non sia del tutto vero. La moda è mutevole come le persone. Disegno per un pubblico nuovo, che possa indossare cose mai viste prima. Retexo (Autuno Inverno 2011) è stata una sfida entusiasmante. I vestiti hanno girato il mondo per essere fotografati. Ora quei vestiti li ho inchiodati su delle tele da pittore e sono diventati dei quadri. Penso che dall’impossibile possa nascere il possibilissimo. La mia voglia è una somma di energie che spendo per ridefinire il vestito come mezzo comunicativo.

Pittura, la tua ultima Collezione Autunno/inverno 2014-15 esprime un nuovo palio nel Cherchez la femme? Dov’è disponibile alla vendita?

L’ispirazione è regressiva. Dipingevo. Poi scelsi la moda come veicolo più vicino al quotidiano e alla massa. Così ho ripreso in mano il pennello, fondendo gli strumenti e i materiali del sarto con quelli del pittore. La collezione pittura racconta la mia passione per l’arte. Volevo fondere il concetto di individuo/arte, arte/vestito. Questa donna può indossare arte perchè sa di essere una creatura meravigliosa. Una piccola provocazione che vorrebbe gratificare la bellezza dell’animo. Vendo personalmente e, fra breve, sul web.

Matteo Thiela | Pittura – Autunno/inverno 2014-15

Non è bello vedere che i propri sforzi a volte non vengono compresi o rimangono invenduti. Ma non demordo ancora. Il mondo non lo si può cambiare ma questa lussuria è irrefrenabile. Qui potrei citare io Nietzsche quando della guerra dice “il vostro nemico dovete cercare, e la vostra guerra dovete condurre e per i vostri pensieri! E se il vostro pensiero soccombe, la vostra sincerità deve proclamare il trionfo! Dovete amare la pace come mezzo per nuove guerre”. Ho la testa dura, non ho saputo/voluto accettare compromessi. Rei Kawakubo fu la mia iniziazione: li dove tutto era banale, lei sorprende in ogni minimo dettaglio.

POST-A CAPITE AD CALCEM

“Invece di darsi e di prendere (par coup de foudre, per delirio o inconscienza) degli esseri forzatamente moltiplicati dalle illusioni inevitabili deg’indomani imprevisti, bisogna sceglier sapientemente. Bisogna – guidati dall’intuizione e dalla volontà – valutare le sensibilità e le sensualità, e non accoppiare e non compiere se non quelle che possono completarsi ed esaltarsi.” scrisse Valentine de Saint-Point nel suo Manifesto futurista della Lussuria, del Gennaio 1918.

Matteo Thiela è la perpetua battaglia mai vinta della moda. Beati noi.

ALESSANDRO BERGA | L’ÉDITOR